Forse la più grande difficoltà che si presenterà agli studiosi del futuro, ammesso che ci sia un futuro per gli esseri umani, sarà quella di spiegare come sette miliardi e mezzo di persone si siano lasciate schiavizzare da poche decine di multimiliardari, impadronitisi dei tre quarti della ricchezza mondiale.
Certo, anche a loro apparirà chiaro quel che ora qualsiasi persona di media perspicacia già sa, o intuisce: che, se tutti i mezzi d’informazione, il sistema scolastico, quello giudiziario, quello politico e quella sanitario sono, direttamente o indirettamente, controllati proprio da quelle poche centinaia di persone, è chiaro che ci si trova in una fabbrica del consenso di dimensioni planetarie, per cui si crea un paradigma socioculturale nel quale il pensiero indipendente viene sistematicamente eliminato e, alla fine, non trova più neppure le condizioni minime indispensabili per attecchire.
Questo, senza dubbio, è abbastanza chiaro, e in teoria potrebbe spiegare tutto il resto: cioè sia la sottomissione fisica, materiale, economica, dei sette miliardi e mezzo, sia la loro pressoché totale sudditanza intellettuale, psicologica e spirituale.
In pratica, però, la spiegazione teorica di questo vasto fenomeno si scontra con le circostanze concrete che contraddistinguono la vita dei sette miliardi e mezzo. Non è per niente facile, ad esempio, spiegare perché mai delle persone che lavorano duramente per portare a casa uno stipendio decisamente modesto, e non di rado quasi insufficiente, devono aprire il portafoglio per rifornire se stesse o i propri figli di beni e servizi dei quali potrebbero fare benissimo a meno, di cui non hanno alcuna reale necessità, e che non possiedono neppure il pregio dell’originalità, dato che sono gli stessi che si procurano, al fine di esibirli in pubblico, tutti gli altri. Si dice e si ripete: condizionamento psicologico, competizione consumistica, come se queste espressioni fossero di per sé chiare ed evidenti, mentre non lo sono per niente.
In una situazione concreta, con una famiglia di quattro persone che deve tirare avanti con un solo stipendio, poniamo di millecinquecento euro, quale meccanismo spegne non diciamo il senso critico, ma il puro e semplice istinto di conservazione, dirottando il poco denaro disponibile non verso le necessità reali, ma verso oggetti superflui, abitudini sociali inutilmente dispendiose e desideri irrealistici, ad esempio spingendo i membri di quella famiglia a sperperare il denaro nei giochi elettronici dei bar o nell’acquisto di biglietti della lotteria, inseguendo la vana speranza di una vincita favolosa? E, più in generale, cosa spinge sette miliardi di persone ad accettare e, in linea di massima, ad approvare le politiche dei loro governanti, che creano sempre più povertà, sempre più disuguaglianza sempre più inquinamento, sempre più angoscia e depressione, pur avendo, teoricamente, lo strumento del voto per far sentire il loro dissenso?
Si obietterà che, sulle cose essenziali, i politici non chiedono affatto il voto dei loro cittadini: nessuno ha chiesto agli europei né se volevano l’euro (e nei pochi casi in cui l’hanno fatto, la risposta è stata, in effetti un no), né se erano d’accordo di accogliere milioni di africani e asiatici di fede islamica, i quali, con il loro tasso d’incremento demografico, nel giro di un paio di generazioni li sommergeranno completamente e li sostituiranno, facendo sparire per sempre la loro millenaria civiltà.
Questo è vero; e tuttavia è innegabile che il consenso, in linea di massima, e sia pure su cose secondarie, ma pur sempre collegate alla sottomissione e allo sfruttamento dei sette miliardi e mezzo, c’è, eccome. Nessuno ha chiesto agli italiani se sono d’accordo di sottoporre i loro figli piccoli a una raffica di vaccinazioni polivalenti che non ha eguale nel resto del mondo, e dagli effetti collaterali non sempre gradevoli, pena l’esclusione dall’istruzione scolastica primaria: e tuttavia, se per caso le autorità decidessero di chiederlo, mediante un referendum, è quasi certo che vincerebbe il sì. La gente è in gran parte consenziente sulle politiche che premiano le multinazionali e non recano alcun vantaggio,per non dire altro, ai comuni mortali: questo è il dato sul quale si deve riflettere. Étienne de la Boétie parlava, già cinque secoli fa, della servitù volontaria: benissimo, però non è ancora chiaro perché ciò avvenga, quando è palese che le persone vanno contro il proprio interesse.
La spiegazione dell’arcano è, in realtà, di una semplicità quasi banale. Le poche decine di persone, per esercitare un controllo finanziario, politico, ma anche mentale, sui sette miliardi e mezzo, hanno bisogno dell’intermediazione di una classe di zelanti servitori. Non basta acquisire la proprietà dei giornali e delle televisioni, perché giornali e televisioni sono fatti di uomini e donne concreti, in carne ed essa, i quali potrebbero anche avere una coscienza professionale, un senso etico, ecc., e quindi non è scontato che siano disposti ad adattarsi alle direttive provenienti dall’alto, magari opposte alla linea tenuta in precedenza.
Dunque bisogna che gli oligarchi planetari riescano a persuadere, attraverso i vari gradini della piramide, tutti quelli che lavorano per loro, specialmente a livello dei quadri dirigenti, a seguire docilmente la linea voluta e stabilita da essi, secondo il disegno della loro strategia globale: per l’Europa, ad esempio, l’applicazione del Piano Kalergi; per la Chiesa, la piena e irreversibile attuazione della rivoluzione conciliare modernista. Perciò non si tratta “solo” di acquistare i grandi mezzi d’informazione, o di pagare la campagna elettorale dei politici per poi tenerli a libro paga dopo la loro elezione alla guida dei rispettivi Paesi, ma di comprare la fedele collaborazione di tutte quelle persone, e far sì che esse si facciano zelanti esecutrici della propaganda che rafforza il potere dell’oligarchia, mentre danneggia e peggiora sensibilmente le condizioni di vita della gran massa della popolazione.
Si tratta di assicurarsi la piena collaborazione dei responsabili della pubblica sanità, degli organizzatori dei premi letterari e delle grandi mostre d’arte, dei dirigenti delle organizzazioni sportive nazionali e internazionali, affinché l’attenzione della gente sia spostata su false questioni (vedi le gigantesche manifestazioni per il clima innescate dal fenomeno Greta) o su di una prospettiva errata di problemi reali. Si tratta, per esempio, di scatenare una guerra fra poveri a proposito delle migrazioni/invasioni africane in Europa, contrapponendo l’ex ceto medio impoverito europeo, che vive nei quartieri degradati e si arrabatta con stipendi o pensioni insufficienti, alla massa dei nuovi venuti, facendo credere che si tratti di uno scontro fra accoglienza ed egoismo, fra carità cristiana e razzismo, mentre si tratta di una lotta a somma zero, alla fine della quale l’oligarchia potrà disporre di una massa di schiavi, sia europei che africani, disposti a lavorare dodici ore al giorno per un tozzo di pane, come e peggio che agli inizi della rivoluzione industriale. Mentre allora, però, c’erano prospettive di crescita e di promozione sociale per settori abbastanza ampi della popolazione, qui la sola prospettiva è l’impoverimento generale sempre crescente di quasi tutti e, per contro, l’arricchimento esponenziale dell’oligarchia planetaria.
Come riesce, l’élite, ad acquisire la fedeltà della ristretta fascia sociale che gestisce l’informazione, la politica, la scuola, la sanità, la cultura e lo sport? Come ci riesce, vogliamo dire, anche se l’indirizzo che queste persone danno ai settori di loro competenza, è chiaramente incompatibile con il bene comune, in quanto lede gravemente e visibilmente l’interesse dalla stragrande maggioranza della popolazione? Come si può convincere un pensionato, che ha lavorato tutta la vita per comprarsi un piccolo appartamento in centro e trascorrervi serenamente la vecchiaia, a considerare un bene il fatto che migliaia di africani, magrebini, pakistani, zingari e fondamentalisti islamici si installino nel suo quartiere, nel suo condominio e stravolgano totalmente le coordinate della sua vita fino a mettere in pericolo la sua pace e la sua stessa sicurezza?
Come si può convincere i genitori che è cosa buona e utile che dei militanti omosessualisti entrino negli asili e nelle scuole elementari per tenere delle “lezioni” di educazione sessuale, nelle quali, per prima cosa, instillano nei loro figli il dubbio atroce di essere nati in un corpo sbagliato rispetto al loro vero orientamento di genere? E come si può persuadere il pubblico degli appassionati di sport ad accettare e considerare normale la pratica delle società sportive di ingaggiare giovani promesse di colore o comunque di provenienza extra-comunitaria, cosa che riduce sempre di più le possibilità per i giovani europei di emergere, di costruirsi una carriera e rappresentare visibilmente le qualità atletiche del popolo cui appartengono? In altre parole: come convincere i tifosi di calcio che l’importante è vincere il campionato del mondo, anche se con una squadra interamente formata da atleti di colore, che di italiano, o francese, o tedesco, hanno solo il colore della maglietta?
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