Il Referendum, questo dilemma…
Allora, cosa facciamo domani? Andiamo a votare, ce ne stiamo beati a casa nostra o partiamo per una bella gita fuori porta?
Potrà sembrare estremamente strano, soprattutto in un periodo storico che vede la gente allontanarsi dalla politica come fosse la peste, ma sarebbe opportuno che ognuno degli aventi diritto alzasse il proprio nobile deretano per recarsi all’ufficio elettorale a esprimere il proprio voto. Il motivo è etico e anche logico.
Dal momento che ci lamentiamo di continuo che lo Stato fa e disfa senza dirci un’emerita pippa e senza consultarci, il Referendum serve a far capire allo Stato stesso che non è vero che non ce ne frega nulla, di niente e sempre. Questo strumento è, al pari di qualsiasi altra votazione politica, l’unico di cui disponiamo per alzare la voce. Almeno per ora.
Certo, direte voi, ma tanto non cambia nulla.
Non è sempre vero che le cose non possono cambiare, sapete? Il problema sorge quando non vogliamo cambiarle o, peggio, quando ci inducono a non volerle cambiare.
La sparata del Presidente del Consiglio e dell’ex Presidente Napolitano che invitano all’astensione non ha aiutato, ovvio, ma farebbe bene un piccolo ripasso, affinché si sia certi che non vale la pena armarsi di matita e volontà per andare ad apporre il proprio voto.
Nella Costituzione Italiana, all’articolo 48, si legge questo:
“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne,
che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto.
Il suo esercizio è dovere civico.”
Sì, avete letto bene, c’è scritto “dovere civico”, non “obbligo civico”. Pertanto, risulta che dobbiamo votare, se ne abbiamo l’opportunità, ma che nessuno e niente ci impone di farlo.
Il dovere civico è una posizione etica nei confronti dello Stato di cui facciamo parte, ma anche nei confronti di noi stessi come cittadini. Dal momento che non partecipiamo e non votiamo alle discussione sulle leggi in Parlamento, questo mezzo (il Referendum) ci mette nella posizione di poter dire come la pensiamo in merito a un quesito proposto.
Lo so, lo so che domani c’è il sole e volete andare al mare, in montagna o dove fischia vi pare, ma se non vengono adeguatamente sfruttate queste occasioni si riveleranno, con il tempo, obsolete. Vi sembra poco?
Credo, però, che ci sia bisogno di un altro piccolo aiuto per comprendere l’importanza di questa opportunità.
Sempre nella Costituzione Italiana, all’articolo 75, si legge questo:
“È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale,
di una legge o di un atto avente valore di legge,
quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio,
di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini
chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato
alla votazione la maggioranza degli aventi diritto,
e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.”
Visto? Nessun obbligo. Diritto sì, obbligo no.
Che poi, alcuni Rappresentanti dello Stato si siano sentiti in dovere di appoggiare l’astensionismo, insomma, fa storcere il naso e lo capisco. Anche perché, di norma e regola, gli stessi dovrebbero sempre e comunque tutelare e agevolare ogni forma di espressione della democrazia. Ma è per questo che come cittadini responsabili dobbiamo assolutamente andare a votare! Perché, santa pazienza, il diritto al voto è un diritto di espressione democratica e come tale dovrebbe avere la massima attenzione di noi tutti! Noi non siamo in dittatura, come qualche burlone vuol farci credere, e la prova è che abbiamo ancora lo strumento del voto, in ogni sua forma. Credete sia niente?
Comunque, prima di scaldarmi di nuovo, come faccio sempre mannaggia a me, andiamo a vedere cosa caspita dobbiamo andare a votare, dal momento che gli organi di comunicazione tradizionali (tv e stampa) sono stati un pochetto scarsi in proposito.
Quello di domani è un Referendum abrogativo. Vuol dire che si chiede al cittadino se vuole o meno abrogare una legge o una parte di essa. Nello specifico, quello di domani è stato erroneamente definito il Referendum delle trivelle. Non lo è e adesso, in due parole, vi spiego perché.
La legge sotto esame è la numero 152 del 3 Aprile 2006 e l’oggetto referendario è l’articolo 6, comma 17.
Ciò che viene chiesto, in breve, è questo:
Volete che, una volta scadute le concessioni, vengano fermate le estrazioni dai giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se i giacimenti stessi non sono esauriti?
Semplice, no? E precisando: sono oggetto di Referendum solo le trivellazioni già in atto entro dodici miglia dalla costa.
Il Referendum non riguarda assolutamente nuove concessioni alla ricerca e allo sfruttamento. NON C’ENTRA NULLA. Quello in esame è un comma dell’articolo della legge 152 che parla specificatamente e soltanto degli impianti già presenti. Il comma 17 in questione, e mi ripeto, dice che le concessioni agli impianti possono essere prorogate fino a esaurimento del giacimento.
Su questo si basa il quesito referendario. E BASTA.
E adesso: Sì o No?
Domanda pulciosa e carogna.
Rispondere Sì significa abrogare il comma della legge e impedire che gli impianti continuino a estrarre una volta scadute le concessioni.
Rispondere No vuol dire lasciare tutto com’è e concedere agli impianti di arrivare fino a fine vita del giacimento.
Però, ci sono dei rognosi aspetti da considerare.
Il primo è quello occupazionale. Se vince il No tutti gli impianti esistenti entro le dodici miglia dalla costa chiuderanno una volta scaduti i contratti (tra il 2016 e il 2034, dicono) e questo vorrà dire la perdita del lavoro per migliaia di persone. In un paese con la disoccupazione galoppante (me compreso) non è una bella cosa.
Il secondo è quello energetico. Chiudere progressivamente gli impianti vuol dire dover andar a chiedere energia all’estero, cosa che già facciamo in abbondanza e pagando salato.
È vero anche, e non ce lo spiegano mai, malgrado si estragga gas (molto) e petrolio (poco) da questi giacimenti, che la percentuale di approvvigionamento nazionale proveniente da queste strutture arriva a fatica al 5% del fabbisogno. Onestamente non è gran cosa.
Altra questione che non ci viene detta e per saperla bisogna andare a spulciare giornali, siti web e quant’altro è il numero degli impianti e quanto sono attivi. Non fa piacere scoprire, tramite il Wwf, che su 88 piattaforme presenti 39 siano inattive. Lo sono per effettivo esaurimento del giacimento, per un “controllo e ripristino” che dura da anni o per altre e oscure ragioni economiche. Ovviamente, quelle smantellabili vengono lasciate lì dalle aziende perché il costo della demolizione e del ripristino dell’ambiente sarebbe altissimo.
A quelli che si riempiono la bocca con le questioni ecologiche desidero far presente che se già ora ci sono impianti inutilizzati che vengono lasciati dove sono, cosa accadrà quando (se vince il Sì) anche le altre piattaforme cesseranno di funzionare? Ci ritroveremo con decine di scheletri di acciaio in mare aperto che sicuramente non giovano all’ambiente e all’ecosistema marino. Esattamente come ora.
Concludendo: andare a votare è DIRITTO di ogni cittadino e come tale deve essere esercitato. Chi dice che anche astenersi è un diritto non afferma il falso, ma tappa la bocca passivamente al cittadino stesso, nella sua UNICA espressione di volontà di fronte allo Stato.
Sul merito del Referendum in questione vi lascio con i vostri pensieri, ma non mi esimo da dire la mia.
Appoggiarsi alle fonti rinnovabili e a metodi alternativi di produzione energetica in questo momento è un azzardo e lo è perché lo Stato non ha investito abbastanza in questi campi. A causa di questo dipendiamo per oltre il 90% dagli approvvigionamenti esteri, che paghiamo carissimi.
Le estrazioni che fa l’Italia non sono tutte sue (molti impianti sono di aziende straniere su concessione statale) e questo ci mette nelle condizioni, ancora una volta, di dipendere da altri.
Io voterò Sì per una questione etica e non economica, con tutte le conseguenze già descritte, perché credo e voglio sperare che la tendenza degli ultimi decenni cambi e ci si avvii verso una fase nuova di produzione energetica, di rispetto dell’ambiente e di etica planetaria.
Ricordo sempre un detto: se tutti si buttano nel pozzo non sei obbligato a farlo anche tu. Pertanto, voglio credere che la smetteremo di ficcare la testaccia sotto la sabbia e ci impegneremo tutti per uno sviluppo sostenibile, appoggiando iniziative che possano portare al miglioramento del nostro status, sia personale che nazionale. Il Referendum contro il nucleare l’abbiamo vinto, no? E allora diamoci da fare e indiciamone altri, porca paletta!
Ok, fine del pistolotto.
E ANDATE A VOTARE, TESTONI, CHE PER ANDARE A PASSEGGIARE IL TEMPO VI RIMANE.
di Rolando Cimicchi – Hackthematrix

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