Mar. Apr 29th, 2025
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I Maya lo chiamavano il Tempo del non tempo ed era collegato all’ ultimo Katum. Nel sistema di calcolo del lungo computo, veniva  utilizzata una precisa unità di misura, il katun, che consiste in un ciclo di 20 anni. Di conseguenza, 20 haab rappresentavano un katun.

Questa unità di misura ci è molto importante per comprendere come il lasso di tempo ultimo del ciclo in cui viviamo, iniziato nel luglio del 1992, si doveva concludere il 21 dicembre 2012, a termine dell’ultimo katun della nostra era, in coincidenza con il termine dell’ultimo ciclo, di 5.125 anni, e del Giorno Galattico di 25.625 anni, comunemente ricondotto a 26.000 anni. Molti di voi diranno: “ma non è accaduto nulla il 21 dicembre 2012, quindi?”

Infatti i Maya non hanno mai predetto la fine del Mondo ma solo la fine di un mondo inteso come il termine di un Ciclo temporale, quello appunto galattico. I Maya sapevano che il fattore Temporale, quello dello Spazio/Tempo influenza le civiltà. Attualmente ci troviamo all’interno di una vasta porzione spazio-temporale che i Maya definiscono Cilam Balam, una misteriosa raccolta di testi che narrano gli accadimenti di ciascun ciclo e quello in cui ci troviamo ora è il Nuovo Ciclo Cosmico, che porterà eventi negativi per la nostra civiltà, che ha intrapreso un percorso senza ritorno. Questi cicli temporali si ripeteranno periodicamente nel tempo. Ma che cos’è il tempo?  Il fattore Spazio-Tempo esiste?

di Massimo F.

Percepire il Tempo

di Sergio Tracchi e Rolando Cimicchi

La nostra realtà quotidiana è costantemente caratterizzata da questi due elementi, arrivando a condizionarci in modo spesso soffocante. Anche perché il modo in cui li avvertiamo è sempre sottoposto a eccessi: troppo o troppo poco. Mai contenti noi altri…

Se possiamo affermare che lo spazio esiste perché “lo percepiamo” attraverso i sensi, altrettanto non possiamo fare con il tempo. Lo scorrere di esso, per noi, è legato a tutta una serie di fenomeni sia naturali che artificiali: il giorno e la notte, l’alternarsi delle stagioni, la nascita e la morte, ma anche, eccolo qua!, l’orologio. La misurazione del tempo.

 

L’orologio è significativo (oltre che un perfetto schiavista). Ci segnala costantemente lo scorrere inesorabile della linea immaginaria su cui ci muoviamo, eppure…se è fermo significa che lo è anche il tempo? Interessante, vero?

Questo ci porta alla considerazione materiale, nello spazio, del concetto di tempo. Prendiamo un DVD. Esso contiene dei dati sotto forma di immagini e suoni. È un oggetto che percepiamo nel piano fisico, spaziale, ma fino al momento in cui lo inseriamo in un apposito lettore non ci procura nessun “spostamento” temporale. È nel momento in cui il DVD inizia a essere riprodotto dal supporto che vediamo delle immagini e ascoltiamo dei suoni: le informazioni in esso contenute iniziano un processo di movimento nel tempo: da “inizio” a “fine”. Questo spostamento non esiste se non nella nostra percezione. La durata del DVD è regolata dall’unità di misura del tempo che tutti conosciamo: il secondo (e le sue misure più ampie: minuto, ora, giorno, mese, etc.). È solo una convenzione. Un’illusione. I dati del disco sono lì, senza tempo, senza “spostamento”, ma sono reali in quanto parte di un supporto materiale. C’è il dischetto e poi c’è chi ci sbatte dentro i dati. Fermi, immobili, fino a quando non vengono inseriti nel lettore.

Quindi, se il DVD non viene riprodotto il tempo che fine fa? E quale tempo? Se l’orologio rallenta la sua corsa, il tempo rallenta a sua volta? E se il tempo che noi regoliamo con i nostri meccanismi è una convenzione, che cos’è il tempo esattamente?

Esiste il tempo?

(Coraggio…è venuto mal di testa a molti a questo punto).

Diamo uno sguardo ai grandi pensatori. Per Aristotele il tempo era “un sistema per misurare come si muovono le cose; se non c’è nulla che si muove, non c’è tempo”. Per Newton, altresì, il tempo passava per un immenso spazio vuoto anche se non accadeva nulla e non c’era nulla. Cioè, il tempo passa a prescindere da tutto il resto.

Agostino d’Ippona, quel vecchio burlone, disse: «Il tempo? Se non me lo chiedi so cos’è, ma se me lo chiedi non lo so più».  Poi è arrivato Einstein e molte cose sono cambiate. Il fisico tedesco ne sapeva una più del diavolo e si accorse che nell’intervallo che va tra quello che definiamo “passato” e quello che definiamo “futuro” c’era altro: il “presente”. Eh, lo so, ai più sembrerà una stupidata, ma ai tempi di Albert non era così scontato. Il presente aveva goduto di scarsa considerazione perché troppo breve.

 

Cioè, tu pensi “io sono qui, adesso”, ma adesso è già passato, caro. Perché nel momento in cui tu parli con noi, di fronte a noi, l’intervallo tra passato e futuro è di poco più di un nanosecondo e, caspita!, mica te ne accorgi! Ma se comunichiamo a distanze planetarie, ad esempio uno sulla Terra e uno su Marte, allora non possiamo avere una conversazione “diretta”, perché chi fa la domanda dovrà attendere che l’altro la riceva: circa quindici minuti (e viceversa, ovvio). Quei quindici minuti come li consideriamo? Come un “adesso” un po’dilatato?

Le logiche conseguenze di ciò sono imponenti: non possiamo dire “in questo momento nell’universo le cose sono in questo modo o nell’altro” perché non esiste un “questo momento”, nell’universo. E’ tutto relativo. E Albert, lassù, adesso sta facendo la òla…

(Questi ultimi passaggi sono liberamente ispirati dalla bellissima intervista fatta da Pietro Greco de L’Espresso al fisico Carlo Rovelli nel 2014)

Bene, ora che abbiamo capito che il tempo è un concetto fumoso possiamo esimerci dal considerarlo? No. Non possiamo perché sull’asse invisibile del tempo noi ci muoviamo in modo “condizionato” dal concetto stesso di tempo che abbiamo stabilito.  Ok, fate un bel respiro e andiamo avanti…

Quando siamo in compagnia di una persona piacevole sembra che il tempo scorra più veloce. Quando facciamo qualcosa di faticoso o noioso il tempo sembra non passare mai. (In entrambi i casi una vera rottura). Eppure, il tempo standard dell’orologio è sempre lo stesso. La risposta è (come anticipato) nella percezione del tempo che ha ognuno di noi rispetto a un evento.

La percezione (l’illusione) del tempo è ad appannaggio della nostra mente ed essa ne dispone come vuole, soggettivamente; il conscio e l’inconscio reagiscono in modo differente, non lineare, a questa simpatica canaglia.

Illusione del Tempo

L’illusione del tempo è un modo straordinario di staccare le persone da più elevati stati di coscienza. Spieghiamo: la convenzione “dell’orologio” ci impone ritmi che spingono le nostre vite in direzioni prestabilite, ma sappiamo chesognare a occhi aperti o perderci in altri pensieri sono modi per identificare alcuni stati di alterazione della nostra percezione; quando facciamo queste cose il tempo smette di avere la sua pesante (e invadente) presenza perché non lo sentiamo.

Se ad esempio ci mettiamo in meditazione entriamo in uno stato di coscienza dove quel rompiscatole non può venire a raggiungerci per ricordarci che dobbiamo preparare la cena.

In questi e in altri casi il tempo “non esiste”, se non nelle lancette dell’orologio o sugli appuntamenti della nostra agenda. La linea immateriale che delimita il passato, il presente e il futuro è un concetto e, come tale, ha una validità relativa (Einstein, lo so che ci adori!).

 

La parola “adesso” è un paradosso. Se diciamo “adesso” in realtà è già passato, ma mentre lo pronunciamo È presente, anche se per un nanosecondo. Quindi è presente o passato? Per noi umani il concetto di Presente è essenziale, perché in esso noi riconosciamo il momento che stiamo vivendo. È una unità di misura convenzionale che ci serve per delimitare un evento nello spazio. Purtroppo, ahimè, è un’illusione nell’illusione, ma ne abbiamo bisogno perché ci aiuta a non perderci. Una specie di bussola.

Certo, lo so, è un maledetto rompicapo…

Non possiamo intervenire sul passato, perché appunto, se n’è andato. Sul futuro ci perdiamo il sonno, preoccupati di cosa accadrà, come sarà, perché sarà, ma anche su quello abbiamo poco da fare. Sono troppe le variabili da considerare e non solo le nostre (le interazioni con gli altri, gli eventi casuali). Quindi, ci rimane il presente. Che è già passato.

Eh, sì, il tempo ci domina, niente da dire. Posto che a questo punto qualcuno potrà averci già mandato a quel paese, desideriamo buttarla decisamente sul complicato («Ah, sì? Perché fino adesso, invece? »).

Se il tempo fosse come il DVD di cui abbiamo parlato prima, potremo considerare la scena che stiamo guardando il presente, quelle già viste il passato e quelle che seguiranno, il futuro. Ma quando non stiamo riproducendo il dischetto i tre stati del tempo saranno comunque presenti “nello stesso istante” sotto forma di informazioni. E con il telecomando potremmo passare da una scena all’altra decidendo di volta in volta quale sia il presente in osservazione.

No, non parlo di viaggio nel tempo (ah, Wells, che genio…) in senso meccanico, ma in senso mentale. Se pensiamo a un evento del passato rivivendolo nella nostra mente, come dovremmo considerare quello stato? Se immaginiamo un evento futuro siamo sicuri che non accadrà proprio così come l’avevamo immaginato?

Secondo il Dott. Bradford Skow, professore del MIT (Massachusetts Institute of Technology) il tempo non si muove in avanti. È sempre presente. Cioè, il tempo non scorre, ma “è”, pertanto tutti gli eventi possibili sono già presenti nel cosmo, dobbiamo solo scoprirli vivendoli. (Fonte: www.ilnavigatorecurioso.it – 3 Febbraio 2015).

Suggestivo, vero?

Il film “Interstellar” di Christopher Nolan ci ha mostrato come, attraversando un buco nero, si possa ribaltare il concetto che abbiamo del tempo. Grazie agli studi effettuati dal fisico Kip Thorne proprio per il film (e poi dicono che i cervelloni son tutti chiusi dentro a laboratori come eremiti, come no…), osserviamo come il protagonista si trovi in uno stato potenziale dove le tre fasi del tempo (passato, presente e futuro) coesistono.

 

Di più, grazie alle ipotesi fatte da Thorne nel film notiamo come il protagonista riesca a influenzare il passato attraverso la gravità, diventando egli stesso osservatore del fenomeno (passato) e causa dello stesso.

Beh, non basterebbe un libro per continuare sull’argomento, quindi andate a leggervi qualche interessante articolo su gravità e onde gravitazionali (da poco scoperte, per la gioia di Albert che le aveva previste un secolo fa…maledetto genio!).

In definitiva, siamo schiavi di un concetto bizzoso, che non sappiamo come trattare e che ci manipola nostro malgrado. Anzi, siamo noi a manipolare noi stessi, dal momento che è la percezione del tempo quella che complica tutto.

Che il tempo esista realmente come dimensione o materia (i tachioni?) per ora è materia di studio per la fisica teorica. Per noi comuni mortali rimane una linea invisibile/immaginaria/intangibile su cui ci muoviamo consapevoli solo della misurazione che abbiamo deciso di applicargli e, di fatto, reale perché noi la consideriamo così.

Camminiamo e camminiamo nello spazio (de)limitati dall’illusione di essere protagonisti della nostra esistenza, istante per instante. Momento per momento. Ma se un momento è già passato e il successivo è futuro…”quando” stiamo vivendo? A voi la risposta. (Se c’è).

scritto da Rolando Cimicchi , Sergio Tracchi e Massimo Fratini (Direttore di www.segnidalcielo.it)

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Sergio Tracchi – Rolando Cimicchi – Massimo Fratini

 

 

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Di Deslok

Indagatore dell'insolito e dei fenomeni inspiegabili.

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